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SCELTA MAGISTRALE DOPO SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

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  • SCELTA MAGISTRALE DOPO SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

    Ciao a tutti. A breve conseguirò la laurea triennale in Scienze della Comunicazione. Ho intenzione di continuare gli studi e sono tentato dal corso magistrale in "Economia e Diritto per le imprese e le pubbliche amministrazioni" dell'Università  di Modena e Reggio Emilia. In questi 3 anni, mi sono reso conto che ho una passione per le materie giuridiche ed economiche, avendo scelto il percorso legato alla comunicazione d'impresa e al marketing. Secondo voi potrei ritrovarmi fuori mercato? L'università  UNIMORE è spendibile o è da Serie B? Grazie mille a tutti :)

  • #2
    Per farti un'idea della spendibilità  della laurea devi dare un'occhiata qui:
    Condizione occupazionale dei laureati
    Un sito web da visitare se si hanno 5 minuti liberi:
    digitalArs.it - Immagini digitali per persone reali

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    • #3
      L'UniMoRe è una buona statale, il problema è cosa realmente vuoi fare della tua vita.
      Mi spiego, senza offesa: la laurea in scienze della comunicazione non vale praticamente niente, se consideriamo che fino a poco tempo fa i giornalisti professionisti potevano esercitare senza laurea e quelli pubblicisti possono ancora farlo si può capire che viene meno il motivo principale di un corso come quello (se io posso fare la giornalista comunque, a cosa mi serve una laurea dedicata alla comunicazione?).
      Capisco che dia una buona preparazione su molti argomenti, capisco che tu come tanti altri ci abbia messo tanto impegno, so che molti di voi si sono battuti per il rispetto nei confronti di SdC, ma la realtà  è quella.
      Ultimamente hai scoperto la passione per il diritto e l'economia, peccato che non ti sia venuta prima, ma guardiamo cosa offre questa UniMoRe: una LM77 se scegli l'indirizzo economico-aziendale e una LM63 se scegli quello dedicato alla pubblica amministrazione.
      Cosa puoi fare?
      Guardare i bandi di concorsi che ti interessano e vedere se quelle classi sono comprese.
      Permettimi però di avere dei dubbi sulla compatibilità  della L20 (che dovrebbe essere la tua classe) con la LM77 e la LM63, credo che siano necessarie numerose integrazioni.
      Comunque se riesci ad essere ammesso e a prendere una LM77 rientri subito in carreggiata, perchè è una laurea magistrale abbastanza prestigiosa.

      P.S. La pagina dell'UniMoRe risale al 2014, potrebbero aver disattivato il corso, buona fortuna!

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      • #4
        Marika, in effetti, quando mi iscrissi era principalmente per la mia passione per il giornalismo. Io, tra le altre cose, scrivo anche per una testata online e a fine settembre prenderò il tesserino da pubblicista. Nei programmi iniziali, non avevo la benché minima idea di cosa fosse il marketing, il diritto d'impresa, perché pensavo di scegliere il settore "massa". Fortunatamente, un pò in ritardo, ho scoperto questa passione per tali tematiche. Ho contattato l'Unimore e dovrei sostenere solo un esame da 3 Cfu per iscrivermi, perché nel bando, CLAMOROSAMENTE, è indicata anche la classe L-20, scienze della comunicazione, con le dovute integrazioni. Avendo scelto il percorso "impresa", però personalmente dovrei fare solo una mera integrazione. Ciò che mi tormenta è la "discontinuità  apparente" tra la triennale e la magistrale. Insomma, ho paura che per un datore di lavoro, non sia logico, leggere sul C.V, laurea in scienze della comunicazione e laurea magistrale in economia e diritto. Cosa ne pensi?
        Ultima modifica di Christian Corda; 14-06-2016, 13:44.

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        • #5
          Se stai per diventare pubblicista non posso che dirti: benvenuto nel tuo incubo peggiore.
          Ho un paio di amici che hanno intrapreso quel percorso, la loro testata presso cui hanno fatto il tirocinio li ha lasciati a spasso e adesso devono pagare la tassa annuale per rimanere iscritti all'ordine senza guadagnare niente.
          Inutile dire che entrambi hanno raggiunto il titolo da diplomati, giusto per confermare ciò che ho scritto nel mio messaggio precedente.
          Secondo me hai trovato non un'ottima ma una PERFETTA soluzione a tutti i tuoi problemi, ti prendi una laurea magistrale in scienze economico-aziendali perfettamente equiparata a quella in economia partendo da scienze della comunicazione, praticamente un miracolo.

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          • #6
            Tu in cosa sei laureata o ti stai per laureare?

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            • #7
              Non economia.

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              • #8
                L'aspirazione di Christian non è così peregrina. Solo una minoranza di studenti del corso di laurea magistrale in Economia e diritto per le imprese e le pubbliche amministrazioni dell'Università  di Modena e Reggio Emilia ha una laurea di base di classe economica.
                Il corso in questione è stato attivato dal dipartimento di Comunicaazione ed economia, con sede a Reggio nell'Emilia, ed è poi divenuto interdipartimentale con il dipartimento di Economia "Marco Biagi", che invece ha sede a Modena. Gli insegnamenti obbligatorà® e relativi esami che io sappia si tengono comunque tutti a Reggio.

                La gran parte degli studenti laureati nel medesimo ateneo ha una laurea rilasciata dallo stesso dipartimento: il quale sino a poco tempo fa rilasciava, nel primo ciclo, solo la laurea in Scienze della comunicazione e la laurea in Comunicazione e marketing, entrambe afferenti alla classe L-20 (Scienze della comunicazione), in precedenza 14 (omologa dell'ordinamento previgente). Nell'anno accademico 2014-2015 la laurea in Comunicazione e marketing ha cambiato nome, divenendo Marketing e organizzazione d'impresa, passando alla classe L-18 (Scienze dell'economia e della gestione aziendale), rafforzandosi nella parte economica, in particolare quantitativa. Ma anche la vecchia laurea in Comunicazione e marketing e perfino la generica laurea in Scienze della comunicazione hanno una certa componente economica, derivante da una tradizione consolidata a partire dal fatto che l'Università  di Modena era l'unica presso cui il corso di laurea ante-riforma in Scienze della comunicazione (5 anni) afferiva alla facoltà  di Economia, già  Economia e commercio (poi fu creata una facoltà  di Scienze della comunicazione che nacque proprio per scorporo dalla facoltà  di Economia, e che infatti mutò poi la sua denominazione dapprima in Scienze della comunicazione: comunicazione, economia e informazione e poi in Scienze della comunicazione e dell'economia, la cui eredità  è per l'appunto oggi raccolta dal dipartimento di Comunicazione ed economia).

                Il dipartimento nel secondo ciclo offre, oltre al corso di laurea magistrale interdipartimentale, uno in Management e comunicazione d'impresa, che comunque afferisce alla classe LM-77 e dunque consente l'accesso alla professione di dottotre commercialista, e uno in Pubblicità , comunicazione digitale e creatività  d'impresa, afferente invece alla classe LM-59 (Scienze della comunicazione pubblica e d'impresa e pubblicità ).
                Per quanto concerne i requisiti d'accesso al corso che interessa a Christian, faccio copia e incolla direttamente dal regolamento didattico:
                Costituisce criterio d'accesso il titolo di laurea conseguito nelle classi di
                Mediazione linguistica (L-12, 3 DM 04/08/2000);
                Lettere (L-10; 5, DM 04/08/2000);
                Lingue e culture moderne (L-11; 11 DM 04/08/2000);
                Scienze dei servizi giuridici (L-14; 2 DM 04/08/2000);
                Scienze dell'amministrazione e dell'organizzazione (L-16; 19 DM 04/08/2000);
                Scienze dell'economia e della gestione aziendale (L-18; 17 DM 04/08/2000);
                Scienze della comunicazione (L-20; 14, DM 04/08/2000);
                Scienze economiche (L-33, 28 DM 04/08/2000);
                Scienze politiche e delle relazioni internazionali (L-36, 15 DM 04/08/2000);
                Sociologia (L-40, 36 DM 04/08/2000).
                Le conoscenze degli studenti con un titolo di laurea maturato nelle classi indicate sono quindi considerate adeguate per avviare il percorso di formazione magistrale.
                Gli studenti provenienti da altre classi di laurea rispetto a quelle indicate dovranno comunque avere una buona conoscenza della lingua inglese e dovranno aver acquisito con la laurea una dotazione minima di 9 CFU nei settori scientifico disciplinari SECS-P/07, SECS-P/08, SECS-P/10, 6 CFU nei settori SECS-P/01; SECS-P/02, 6 CFU nei settori INF/01, ING-INF/05; 9 CFU nei settori IUS/01, IUS/04, IUS/05, IUS/09.
                Per tutti gli studenti, l'accesso è condizionato al possesso di requisiti curriculari, definiti nel regolamento didattico del corso di studio. Indipendentemente dai requisiti curriculari, per tutti gli studenti è prevista una verifica della personale preparazione, con modalità  definite nel regolamento didattico. Non sono previsti debiti formativi, ovvero obblighi formativi aggiuntivi, al momento dell'accesso

                Tradotto in parole povere: i laureati in Scienze della comunicazione, come i laureati in discipline giuridiche, politiche, economiche, in Sociologia e perfino in Lettere e in Lingue, accedono senza debiti formativi. A tutti gli altri, fossero pure laureati in Infermieristica o Fisica nucleare, sono richiesti appena 9 crediti in settori economico-aziendali, 6 in settori economici, 6 in informatica o ingegneria informatica e 9 in settori giuridici di interesse economico. Il debito formativo massimo può dunque ammontare a 30 crediti. C'è scritto che non sono previsti debiti o obblighi formativi aggiuntivi all'accesso ma, in realtà , gli scorsi anni è stata organizzata una sessione cumulativa di recupero dei debiti con un esamino generale di idoneità , con programma differenziato a seconda del numero di crediti da recuperare e dei settori in cui recuperarli. Ora non so questo esame come si svolga; so solo che finché mi sono informato io non era stato necessario organizzare una sessione di recupero in quanto lo avevano superato tutti (quindi non ci si è neanche posti il problema del fatto che senza prima averlo superato non era possibile accedere agli esami del piano di studi).
                C'è comunque una verifica della preparazione iniziale attraverso un test valutativo, che non ricordo se sia selettivo.
                Teniate presente che il regolamento mi risulta semplificato rispetto a come me lo ricordavo. In precedenza che io mi ricordi esso prevedeva due gruppi di lauree, uno con accesso senza debiti (che erano sicuramente quelle economiche, giuridiche e politologiche) e l'altro in cui erano richiesti quei requisiti curriculari specifici o aggiuntivi (che erano Lettere, Mediazione linguistica, Lingue e culture moderne. Sociologia non ricordo in quale dei due gruppi fosse); poi c'era il terzo gruppo con tutte le altre lauree. Per come hanno fatto adesso, penso che andrà  a finire che non dovranno neanche organizzare la sessioncina di cui sopra perché non ci sarà  più nessuno che non avrà  i requisiti (ai laureati in Lettere non sono più richiesti, mentre i laureati in Scienze sociali per la cooperazione e lo sviluppo dovrebbero averli).

                Detto questo, veniamo al problema dell'ibrido: su quello direi a Christian che può andare tranquillo perché il 90% delle persone che ci circondano sono talmente ignorante da pensare che la laurea magistrale si consegua dopo un corso di studio unitario di cinque anni. Infatti la chiamano «quinquennale». Quest'equivoco nasce dal fatto che si pensa che la laurea sia in realtà  una laurea breve che viene allungata attraverso un percorso integrativo di due anni (molti pensano che esista un corso unico quinquennale e lo studente può decidere di fermarsi al terzo o proseguire), rafforzato dal fatto che l'introduzione del ciclo unico per Giurisprudenza è coinciso con il passaggio dalle vecchie specialistiche alle nuove magistrali, per cui molti pensano che la laurea specialistica segua a un corso biennale dopo la laurea «breve» e la laurea magistrale a un corso direttamente quinquennale (in realtà  è semmai l'esatto contrario: la laurea specialistica, anche se il relativo corso era biennale, prevedeva una tabella ordinamentale di cinque anni perché assorbiva anche i crediti che ci si portava dietro dalla laurea di accesso; ecco perché con quell'ordinamento era più complicato conseguire un titolo di secondo ciclo in un'area disciplinare diversa da quella del primo). Quindi al massimo possono pensare che si sia iscritto al corso quinquennale e gli hanno convalidato alcuni esami dalla precedente laurea, mentre è molto difficile che capiscano che in realtà  si tratta di corsi di studio distinti e separati. Del resto non lo hanno capìto neanche gli ordini professionali, che hanno preteso riforme che consentono l'accesso solo con la laurea magistrale e dunque con un periodo di studi nella materia potenzialmente più breve di prima, né lo comprendono le pubbliche amministrazioni, che fanno dei pasticci che non vi sto neanche a riportare.
                L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                M1 aree 12-13 @LUM
                LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                LMG/01 (con lode) @UniTo
                LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
                PhD fellow in AI governance

                ***NON RISPONDO A MESSAGGI PRIVATI SU ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE***

                In Italia esistono solo università pubbliche (statali o non statali).
                LA PAROLA "FACOLTÀ" NON SIGNIFICA QUELLO CHE PENSI TU.

                LA LAUREA TRIENNALE NON ESISTE!

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                • #9
                  Originariamente inviato da Marika Visualizza il messaggio
                  Mi spiego, senza offesa: la laurea in scienze della comunicazione non vale praticamente niente, se consideriamo che fino a poco tempo fa i giornalisti professionisti potevano esercitare senza laurea e quelli pubblicisti possono ancora farlo si può capire che viene meno il motivo principale di un corso come quello (se io posso fare la giornalista comunque, a cosa mi serve una laurea dedicata alla comunicazione?).
                  La legge 69/1963 non è mai stata modificata. Ancora oggi i giornalisti professionisti possono divenir tali senza laurea. In teoria non ci vuole nemmeno il diploma, ma chi non lo possiede deve sostenere una prova preliminare alla prova di idoneità  professionale.
                  Alla prova di idoneità  professionale sono ammessi di norma coloro che hanno svolto un praticantato mediante contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato rimanendo iscritti nel registro dei praticanti per un minimo di 18 mesi e un massimo di tre anni (bisogna abilitarsi entro questi tre anni, altrimenti si perde a vita la possibilità  di iscrizione, anche se non è mai accaduto che qualcuno venisse bocciato due volte consecutive).
                  L'Ordine dei giornalisti riconosce come contratti validi solo quelli collettivi sottoscritti dalla Fnsi e con l'Usig-Rai con la Fieg, la Rai e AerAnti Corallo, nonché i contratti utilizzati dalle emittenti televisive dotate di licenza nazionale e i contratti a tempo indeterminato della pubblica amministrazione. L'Ordine però, avvalendosi di un potere discrezionale in misura crescente di anno in anno, che in gran parte le è stato comunque riconosciuto per via giurisprudenziale, riconosce pure i praticantati d'ufficio, e in questo caso le ultime linee-guida che impongono:
                  1. il riconoscimento dei praticantati svolti nelle scuole di giornalismo convenzionate, con iscrizione ex ante nel registro dei praticanti;
                  2. il riconoscimento di tutti i periodi di lavoro di almeno 18 mesi, non frazionati, svolti in testate aventi i requisiti di legge (o anche no”¦ Su questo stendiamo un velo pietoso), a tal fine equiparando alle testate giornalistiche gli uffici stampa pubblici ex lege 150/2000 e dpr 422/2001 e, per analogia iuris, quelli privati, purché regolarmente retribuiti, anche se svolti (sempre continuativamente) in sedi diverse (la continuità  è data da assenza di interruzioni e non tanto dal possesso dello stesso contratto. Anzi, spesso l'Ordine ha riconosciuto anche il lavoro nero, purché debitamente documentato, anche se non riconosciuto giudizialmente; successivamente, poi, la Fondazione Inpgi "Giovanni Amendola" tenta di recuperare i contributi). In questo caso l'iscrizione al registro avviene ex post, ma ex tunc (cioè retroattivamente).
                  Negli ultimi anni è cresciuta moltissimo la quota di coloro che accedono alla prova di idoneità  professionale, impropriamente nota come esame di Stato, provenienti dalle scuole di giornalismo, che oramai sono tutti laureati (l'ultimo biennio in cui la SGRTV e i tre istituti per la formazione al giornalismo storici hanno accettato persone non laureate risale a una quindicina d'anni fa), ma comunque stiamo a circa la metà  dei candidati, non alla maggioranza. Gli altri provengono ancora dal praticantato classico, ancorché riconosciuto d'ufficio, e tra questi i laureati sono una minoranza.
                  Se poi andiamo a vedere i dati occupazionali, scopriamo che i giornalisti professionisti divenuti tali a séguito di praticantato classico sono quasi tutti occupati, ancorché precariamente, mentre tra quelli che hanno fatto le scuole di giornalismo coloro che riescono a trovare uno sbocco lavorativo costituiscono un'esigua minoranza. Questo deriva evidentemente dal fatto che i primi avevano già  un lavoro prima di arrivare alla prova di idoneità  professionale, mentre i secondi non avevano mai lavorato e dunque non sono conosciuti: un editore chi preferisce assumere tra un giornalista professionista divenuto tale tramite scuola e un praticante, considerando che i primi spesso non sono più preparati o bravi dei secondi e questi ultimi costano meno?
                  Sui pubblicisti è difficile a dirsi perché la situazione non è monitorata. L'Ordine già  da anni riconosce ai pubblicisti che svolgono la professione giornalistica a tempo pieno, come unica o nettamente prevalente fonte del proprio reddito, il diritto di accedere alla prova di idoneità  professionale senza praticantato, ma si tratta di un'opportunità  che non sfrutta quasi nessuno (in un'amministrazione dove ho lavorato c'erano una decina di persone all'ufficio stampa: il capo e altri due sono pubblicisti, uno è professionista e tutti gli altri non sono proprio iscritti all'albo; una soltanto di questi ultimi si è preoccupato di farsi riconoscere il praticantato d'ufficio per diventare professionista, ed è stato assai complicato. Per i pubblicisti sarebbe molto più semplice, eppure non se ne fregano proprio). Per quanto riguarda gli altri, già  si presume che la loro attività , essendo non occasionale e retribuita ma comunque non dovendo teoricamente costituire fonte principale di reddito per chi la esercita, sia svolta precariamente, concretandosi in corrispondenze, collaborazioni esterne, contributi sporadici. Per questo motivo, non vengono raccolti dati sulla loro situazione occupazionale, anche perché probabilmente si rivelerebbero informazioni che a qualcuno converrebbe fingere di non conoscere.

                  guardiamo cosa offre questa UniMoRe: una LM77 se scegli l'indirizzo economico-aziendale e una LM63 se scegli quello dedicato alla pubblica amministrazione.
                  LM-77, Scienze economico-aziendali, se si sceglie l'indirizzo International business and law e LM-63, Scienze delle pubbliche amministrazioni, se si sceglie l'indirizzo Public management.

                  Guardare i bandi di concorsi che ti interessano e vedere se quelle classi sono comprese.
                  Col vecchio ordinamento le cose erano un po' più semplici in quanto Scienze politiche era equipollente a Giurisprudenza e a Economia e commercio, le lauree rilasciate dalle facoltà  di Economia erano tutte equipollenti tra loro, la laurea in Giurisprudenza era quasi sempre indicata accanto a Scienze politiche (e comunque alcuni anni fa è stata dichiarata anch'essa equipollente a Scienze politiche), Sociologia era equipollente a Economia e Scienze politiche, Scienze della comunicazione era equipolente a Sociologia e Scienze politiche, Relazioni pubbliche era equipollente a Scienze politiche, Scienze dell'amministrazione era equipollente a Scienze politiche, Scienze internazionali e diplomatiche era equipollente a Scienze politiche, Scienze coloniali era equipollente a Scienze politiche.
                  Alla fine, anche se le equipollenze non sono reciproche né godono della proprietà  transitiva, i laureati in Scienze poitiche, Giurisprudenza, Economia in tutte le sue declinazioni, Sociologia, Scienze della comunicazione e Relazioni pubbliche potevano partecipare a tutti i concorsi nella pubblica amministrazione per i quali era richiesta una laurea nei settori giuridico, contabile, amministrativo (che poi coprono gran parte della pubblica amministrazione).
                  Adesso la situazione è un po' più complicata, poiché le equipollenze dichiarate per il vecchio ordinamento non sono analogicamente estese al nuovo (secondo me, per un ragionamento giuridico che non sto qui a riportare, si applicano lo stesso e alcune amministrazioni convidono questo mio orientamento, confermato anche da una certa giurisprudenza, ma la visione non è unanime). Tuttavia in linea di massima le amministrazioni tendono a riportare nei bandi più classi.
                  Si tenga presente che, come ribadito da varie circolari del dipartimento della Funzione pubblica:
                  - per l'accesso alle posizioni funzionali della carriera direttiva (istruttore direttivo, funzionario amministrativo, funzionario ispettivo etc.) è sufficiente la laurea;
                  - per l'accesso alle posizioni dirigenziali, anche ad interim, è necessario ricoprire una funzione per la quale è richiesta la laurea e avere maturato all'interno di essa, anche sommata con altre per le quali era comunque richiesta la laurea, almeno 5 anni di servizio, ridotti a 3 se il candidato è in possesso di laurea magistrale o master universitario di primo livello;
                  - per l'accesso al corso-concorso della Scuola nazionale dell'amministrazione (che accorpa la Scuola superiore della pubblica amministrazione e la Scuola superiore dell'economia e delle finanze) è necessario possedere laurea magistrale + titolo superiore (master universitario di secondo livello, dottorato di ricerca, diploma di specializzazione).
                  Ne consegue che le amministrazioni che richiedono la laurea magistrale per la categoria giuridica D (o equivalente dei comparti che hanno ancora le vecchie aree o qualifiche funzionali) commettono un illecito e i loro bandi sono impugnabili; analogamente, non è possibile assumere direttamente nella posizione economica D3 (in quanto l'accesso deve sempre avvenire dalla posizione iniziale della categoria giuridica e la posizione economica evolve per progressione orizzontale) e non è possibile richiedere per quest'ultima titoli superiori a quelli richiesti per la D1, in quanto lo status giuridico dei D1 e dei D3 è identico (sono funzionalmente equiparati e dunque gerarchicamente sullo stesso livello, solo che il D3 è più anziano oppure ha ottenuto progressioni orizzontali in base ad altri criteri).
                  Devo dire che negli ultimi due anni la situazione è nettamente migliorata; finalmente le amministrazioni hannp capìto che la laurea che debbono richiedere non è la magistrale ma la cosiddetta triennale. Il problema si pone quando il bando richiede una laurea in Scienze della comunicazione e presenta domanda uno che ha la laurea in Scienze politiche e la magistrale in Scienze dell'informazione e dell'editoria. Noi abbiamo avuto una casistica del genere e il responsabile del procedimento decise di ammettere il candidato, ma senza rettificare il bando avvalendosi dello strumento dell'autotela. Questo ha esposto l'amministrazione a ricorsi da parte di terzi controinteressati, che magari non avevano partecipato prendendo alla lettera il bando. Alcune amministrazioni per evitare che accada questo scrivono l'elenco delle lauree del vecchio ordinamento, l'elenco delle lauree del nuovo ordinamento e l'elenco delle lauree magistrali ammissibili. In questo caso però si pone un altro problema: se il concorso è per titoli ed esami e il concorrente è in possesso di due titoli (ad esempio perché il bando parla di laurea in Scienze dell'economia e della gestione aziendale e di laurea magistrale in Scienze economico-aziendali) conseguiti con due voti diversi, come si fa a valutare il titolo? In questo caso l'amministrazione ha diverse strade: la più comune è scrivere nel bando che prevale l'ipotesi più favorevole al candidato, ma spesso si ritrova che viene considerato il voto del titolo minimo richiesto e poi all'eventuale titolo superiore viene attribuito un punteggio fisso (in questo modo se io ho la laurea di base e la laurea magistrale entrambe valide per partecipare al concorso, sulla prima prendo un tot di punti in base al voto come da tabella riportata nel bando, mentre sulla seconda prendo 1 punto fisso; se invece ho una laurea di base non valida per partecipare al concorso ma ho una laurea magistrale valida, viene valutato il voto di quest'ultima e la prima non vale niente; se invece ho la laurea di base valida e la laurea magistrale non valida oppure non posseduta, vale solo il voto della prima. In questo modo si premia chi ha fatto studi più approfonditi e si premia ulteriormente chi ha fatto studi coerenti, e si punisce chi ha preso la laurea senza impegnarsi, nel minimo tempo possibile e con un basso voto, pensando che fosse importante solo la magistrale). Spesso però l'amministrazione non si pone proprio il problema ed è da quello che nascono i contenziosi. Infatti quando una cosa non è proprio contemplata dal bando non è che si possa agire discrezionalmente a seconda di come gira. Poi, dipende sempre dalla formulazione adoperata. Alcuni funzionari sono talmente precisi nello scrivere che prevengono tutti i possibili equivoci anche senza volerlo: una cosa è scrivere «Requisito per la partecipazione al concorso è il possesso di una laurea afferente alla classe L-XX o alla classe L-YY, ovvero di una laurea magistrale afferente alla classe LM-XX o LM-YY» è cosa diversa dallo scrivere «Requisito per la partecipazione al concorso è il possesso di una laurea afferente alla classe L-XX o alla classe L-YY; in assenza di questo titolo, sono ammessi coloro che hanno conseguito una laurea magistrale afferente alla classe LM-XX o LM-YY». Nel secondo caso è chiaro che la laurea magistrale può essere presa in considerazione solo ove il candidato non possegga una laurea di una delle due classi indicate.

                  Permettimi però di avere dei dubbi sulla compatibilità  della L20 (che dovrebbe essere la tua classe) con la LM77 e la LM63, credo che siano necessarie numerose integrazioni.
                  Neanche una.

                  P.S. La pagina dell'UniMoRe risale al 2014, potrebbero aver disattivato il corso, buona fortuna!
                  Didattica
                  L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                  L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                  M1 aree 12-13 @LUM
                  LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                  LMG/01 (con lode) @UniTo
                  LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
                  PhD fellow in AI governance

                  ***NON RISPONDO A MESSAGGI PRIVATI SU ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE***

                  In Italia esistono solo università pubbliche (statali o non statali).
                  LA PAROLA "FACOLTÀ" NON SIGNIFICA QUELLO CHE PENSI TU.

                  LA LAUREA TRIENNALE NON ESISTE!

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                  • #10
                    Ieri mi sono dimenticato di specificare che l'associazione tra Scienze della comunicazione e il giornalismo è arbitraria non solo perché il giornalista si può fare senza laurea (il che non vuol dire niente. Nel Regno unito quasi nessuna professione è formalmente regolamentata, ma il mercato richiede dei presupposti per l'esercizio di talune professioni; in Spagna pure si può fare il giornalista senza laurea, ma normalmente gli editori assumono titolari di licencia o grado in Ciencias de la informacià³n o in Periodismo). In realtà  il nesso a mio avviso è arbitrario anche perché quasi nessun corso di laurea della classe di scienze della comunicazione fornisce competenze effettivamente spendibili nell'esercizio della professione giornalistica. Pensiamo ad esempio alle materie che vengono richieste all'orale della prova di idoneità  professionale: se uno si è laureato in Giurisprudenza, Scienze giuridiche, Scienze dei servizi giuridici o Scienze politiche non ha bisogno di studiare; se uno ha conseguito una laruea economica o economico-aziendale dovrà  integrare qualcosa... Se uno ha conseguito una laurea della calsse di scienze della comunicazione, non è minimamente in grado di affrontare quell'esame se non ha integrato con molto studio personale, fatti salvi pochi e isolati esempi.
                    Tuttavia la laurea in Scienze della comunicazione può essere interessante per affacciarsi alla comunicazione d'impresa e alla comunicazione pubblica, posto tra l'altro che a isensi della legge 150/2000 e del DPR 422/2001 per l'accesso a posizioni negli uffici stampa e negli uffici per le relazioni con il pubblico delle pubbliche amministrazioni, per le posizioni funzionali per le quali sia richiesto il possesso di laurea è necessario possedere la laurea in Scienze della comunicazione, in Relazioni pubbliche «o in materie assimilate», oppure un'altra laurea seguìta da un master specifico (i dipendenti già  in servizio in possesso di lauree diverse teoricamente avrebbero dovuto essere regolarizzati mediante una formazione interna). Sulla reale utilità  della laurea è un po' complicato rispondere. La classe di scienze della comunicazione è quella all'interno della quale si trovano le lauree più diverse. Adesso fortunatamente c'è stata una fortissima contrazione nell'offerta formativa (e anche nel numero di iscritti, tanto che il numero chiuso è stato eliminato quasi dappertutto), ma al momento del picco i corsi di laurea della classe sono arrivati a oltre un centinaio, in media quasi uno e mezzo per ogni università , con l'Università  di Palermo che, da sola, addirittura ne aveva 5 (Discipline della comunicazione, Giornalismo per uffici stampa, Comunicazione internazionale, Tecnica pubblicitaria, Comunicazione pubblica). All'epoca se confrontavi tra loro dieci corsi di laurea della classe (come tali aventi identico valore legale) ti mettevi le mani nei capelli per quanto erano diversi.
                    L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                    L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                    M1 aree 12-13 @LUM
                    LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                    LMG/01 (con lode) @UniTo
                    LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
                    PhD fellow in AI governance

                    ***NON RISPONDO A MESSAGGI PRIVATI SU ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE***

                    In Italia esistono solo università pubbliche (statali o non statali).
                    LA PAROLA "FACOLTÀ" NON SIGNIFICA QUELLO CHE PENSI TU.

                    LA LAUREA TRIENNALE NON ESISTE!

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                    • #11
                      Ecco i programmi per il recupero dei debiti formativi: Economia e Diritto per le Imprese e le Pubbliche Amministrazioni
                      L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                      L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                      M1 aree 12-13 @LUM
                      LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                      LMG/01 (con lode) @UniTo
                      LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
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                      In Italia esistono solo università pubbliche (statali o non statali).
                      LA PAROLA "FACOLTÀ" NON SIGNIFICA QUELLO CHE PENSI TU.

                      LA LAUREA TRIENNALE NON ESISTE!

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                      • #12
                        Originariamente inviato da dottore Visualizza il messaggio
                        Ieri mi sono dimenticato di specificare che l'associazione tra Scienze della comunicazione e il giornalismo è arbitraria non solo perché il giornalista si può fare senza laurea (il che non vuol dire niente. Nel Regno unito quasi nessuna professione è formalmente regolamentata, ma il mercato richiede dei presupposti per l'esercizio di talune professioni; in Spagna pure si può fare il giornalista senza laurea, ma normalmente gli editori assumono titolari di licencia o grado in Ciencias de la informacià³n o in Periodismo). In realtà  il nesso a mio avviso è arbitrario anche perché quasi nessun corso di laurea della classe di scienze della comunicazione fornisce competenze effettivamente spendibili nell'esercizio della professione giornalistica. Pensiamo ad esempio alle materie che vengono richieste all'orale della prova di idoneità  professionale: se uno si è laureato in Giurisprudenza, Scienze giuridiche, Scienze dei servizi giuridici o Scienze politiche non ha bisogno di studiare; se uno ha conseguito una laruea economica o economico-aziendale dovrà  integrare qualcosa... Se uno ha conseguito una laurea della calsse di scienze della comunicazione, non è minimamente in grado di affrontare quell'esame se non ha integrato con molto studio personale, fatti salvi pochi e isolati esempi.
                        Tuttavia la laurea in Scienze della comunicazione può essere interessante per affacciarsi alla comunicazione d'impresa e alla comunicazione pubblica, posto tra l'altro che a isensi della legge 150/2000 e del DPR 422/2001 per l'accesso a posizioni negli uffici stampa e negli uffici per le relazioni con il pubblico delle pubbliche amministrazioni, per le posizioni funzionali per le quali sia richiesto il possesso di laurea è necessario possedere la laurea in Scienze della comunicazione, in Relazioni pubbliche «o in materie assimilate», oppure un'altra laurea seguìta da un master specifico (i dipendenti già  in servizio in possesso di lauree diverse teoricamente avrebbero dovuto essere regolarizzati mediante una formazione interna). Sulla reale utilità  della laurea è un po' complicato rispondere. La classe di scienze della comunicazione è quella all'interno della quale si trovano le lauree più diverse. Adesso fortunatamente c'è stata una fortissima contrazione nell'offerta formativa (e anche nel numero di iscritti, tanto che il numero chiuso è stato eliminato quasi dappertutto), ma al momento del picco i corsi di laurea della classe sono arrivati a oltre un centinaio, in media quasi uno e mezzo per ogni università , con l'Università  di Palermo che, da sola, addirittura ne aveva 5 (Discipline della comunicazione, Giornalismo per uffici stampa, Comunicazione internazionale, Tecnica pubblicitaria, Comunicazione pubblica). All'epoca se confrontavi tra loro dieci corsi di laurea della classe (come tali aventi identico valore legale) ti mettevi le mani nei capelli per quanto erano diversi.
                        Scusami ma questo messaggio è fuorviante, non te lo dico per antipatia ma nel senso letterale del termine. L'esame per diventare giornalisti professionisti è diviso in scritto (sintesi di un articolo, questionario e redazione di un articolo) e orale (su elementi di sociologia, etica e giornalismo).
                        Un articolo papabile recente è stato "Halloween, un sabba tutto italiano. La festa Usa invade questa notte case e discoteche", infatti il pezzo che si deve fare può essere a scelta fra interni, esteri, economia-sindacato, cronaca, sport, cultura-spettacolo.
                        Da come scrivi (continui a citare leggine, decretini e dipierrini) ho l'impressione che per te il diritto e l'economia siano il Santo Graal di tutto, mentre come vedi nel contesto non contano una pippa o quasi.
                        Il problema è che non vuoi ammettere che SdC nasce quasi interamente per arrivare allo sbocco giornalistico a cui purtroppo non siamo arrivati legislativamente parlando (sarebbe bastato creare un percorso preferenziale per diventare giornalista da quei corsi visto che chi li studia sa che sarebbero nati per quello).
                        Un altro messaggio sbagliato che dai e che è quasi ai limiti della disinformazione è quello degli sbocchi, dei master e delle lauree obbligatorie in comunicazione per esercitare un determinato lavoro.
                        Assolutamente falso (ripeto: non per antipatia ma per dire le cose come stanno) e comunque non si trova più niente come impiego, mettiti il cuore in pace.
                        L'accesso a posizioni negli uffici stampa e negli uffici per le relazioni con il pubblico delle pubbliche amministrazioni? Ci vanno impiegati della p.a. assunti 50 anni fa tramite mobilità  e concorsi interni, non creare illusioni e aspettative, suvvia.

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                        • #13
                          Originariamente inviato da Marika Visualizza il messaggio
                          Scusami ma questo messaggio è fuorviante, non te lo dico per antipatia ma nel senso letterale del termine. L'esame per diventare giornalisti professionisti è diviso in scritto (sintesi di un articolo, questionario e redazione di un articolo) e orale (su elementi di sociologia, etica e giornalismo).
                          Mica vero. Ti copio l'articolo 44 del regolamento di attuazione (emanato con DPR 115/1965 e ss.mm.ii.):
                          «La prova scritta prevista dall'articolo 32, primo comma, della legge consiste:
                          a) nello svolgimento di una prova di sintesi di un articolo o di un altro testo scelto dal candidato tra quelli forniti dalla commissione in un massimo di 30 righe di 60 caratteri ciascuna, per un totale di 1.800 caratteri compresi gli spazi;
                          b) nello svolgimento di una prova di attualità  e di cultura politico-economico-sociale riguardanti l'esercizio della professione mediante questionari articolati in domande cui il candidato è tenuto a rispondere per iscritto;
                          c) nella redazione di un articolo su argomenti di attualità  scelti dal candidato tra quelli, in numero non inferiore a sei (interni, esterni, economia-sindacato, cronaca, sport, cultura-spettacolo) proposti dalla commissione, anche sulla base dell'eventuale documentazione dalla stessa fornita. Tale articolo non deve superare le 45 righe da 60 caratteri ciascuna per un totale di 2.700 caratteri compresi gli spazi.
                          La prova orale consiste in un colloquio diretto ad accertare la conoscenza dei principi dell'etica professionale, delle norme giuridiche attinenti al giornalismo e specificatamente delle tecniche e pratiche inerenti all'esercizio della professione. In particolare è richiesta la conoscenza delle seguenti materie:
                          a) elementi di storia del giornalismo;
                          b) elementi di sociologia e di psicologia dell'opinione pubblica;
                          c) tecnica e pratica del giornalismo: elementi teorici e tecnici fondamentali; esercitazione di pratica giornalistica;
                          d) norme giuridiche attinenti al giornalismo: elementi di diritto pubblico; ordinamento giuridico della professione di giornalista e norme contrattuali e previdenziali; norme amministrative e penali concernenti la stampa; elementi di legislazione sul diritto d'autore;
                          e) etica professionale;
                          f) i media nel sistema economico italiano.
                          Lo svolgimento della prova orale comprende anche la discussione di un argomento di attualità , liberamente scelto dal candidato, nel settore della politica interna, della politica estera, dell'economia, del costume, dell'arte, dello spettacolo, dello sport, della moda o in qualsiasi altro campo specifico nel quale egli abbia acquisito una particolare conoscenza professionale durante il praticantato. Analoga scelta può essere compiuta dal candidato nella materia delle norme giuridiche attinenti al giornalismo. L'argomento o gli argomenti prescelti, compendiati in un breve sommario, debbono essere comunicati alla commissione almeno tre giorni prima della prova, e da essi può prendere l'avvio il colloquio allo scopo sia di mettere il candidato a suo completo agio sia di valutarne le capacità  di ricerca e di indagine, di attitudine alla inchiesta e di acume critico, di discernimento e di sintesi.
                          A conclusione della prova orale il Presidente comunica al candidato il giudizio della commissione sulla prova scritta e, a richiesta del candidato, gli mostra l'elaborato sottolineandone in breve i limiti e/o i pregi e/o fornendo eventuali chiarimenti».
                          La parte nettamente preponderante è quella giuridica, che come vedi comprende etica e deontologia professionale ma non solo. La commissione per legge è composta da due magistrati e cinque giornalisti professionisti ed è presieduta da un magistrato d'appello. Dunque le uniche materie su cui il candidato può cadere sono proprio quelle giuridiche, perché è piuttosto improbabile che gli altri membri abbiano una preparazione tale da poter valutare con un certo grado di profondità  i candidati. Prima della riforma che ha introdotto l'elaborato (cosiddetta tesina) la prova orale era praticamente solo giuridica, con qualche domanda di storia del giornalismo.

                          Da come scrivi (continui a citare leggine, decretini e dipierrini) ho l'impressione che per te il diritto e l'economia siano il Santo Graal di tutto
                          Il diritto regola tutto. Non per colpa mia ma per definizione.
                          In precedenza non avevo fatto riferimento alla parte scritta e pratica dell'esame.

                          mentre come vedi nel contesto non contano una pippa o quasi.
                          Infatti la mediocrità  dell'informazione italiana è sotto gli occhi di tutti: i giornalisti parlano di reato penale (roba che farebbe accapponare la pelle a qualsiasi studente di Giurisprudenza al secondo semestre del primo anno), delitto come se fosse sinonimo di omicidio, multa come se significasse sanzione amministrativa pecuniaria, tassa come se significasse imposta e così via, raggiungendo l'en plein (per non dire l'apoteosi) quando parlano di femminicidio in contrapposizione all'omicidio, come se il termine "omicidio" significasse maschicidio, cioè viricidio, e non, invece, antropocidio (qui il problema non è solo giuridico, ma riguarda anche la conoscenza delle lingue classiche alla base del toscano o italiano, cioè il latino, che essendo un idioma romanzo è la sua matrice, e il greco).

                          Il problema è che non vuoi ammettere che SdC nasce quasi interamente per arrivare allo sbocco giornalistico
                          Non è che non lo voglio ammettere; è che non è vero.
                          La tabella XL inizialmente non prevedeva proprio l'indirizzo giornalistico.
                          Gli indirizzi dell'allora quinquennio erano due: Comunicazioni di massa e Comunicazione istituzionale e d'impresa.
                          Furono poi introdotte le tabelle XL-bis, cioè i diplomi universitari, conseguibili in séguito a corsi di durata triennale, in Giornalismo e Tecnica pubblicitaria.
                          Il corso di diploma universitario in Giornalismo fu attivato solamente in tre sedi:
                          - facoltà  di Scienze della formazione, con sede in Savona, dell'Università  degli studi di Genova;
                          - facoltà  di Scienze politiche dell'Università  degli studi di Genova;
                          - facoltà  di Scienze della formazione dell'Università  degli studi di Palermo.
                          Gli esami sostenuti per conseguire il diploma universitario potevano essere convalidati per conseguire la laurea in Scienze della comunicazione (5 anni) oppure la laurea in Scienze politiche con indirizzo politico-sociale (4 anni).
                          Il corso prevedeva una parte di praticantato obbligatorio (adesso non ricordo se 5 o 6 mesi), che poi, per potere accedere alla prova di idoneità  professionale, doveva essere completato entro tre anni dal conseguimento del titolo.
                          Successivamente fu istituito, solo presso la facoltà  di Lettere e filosofia della Lumsa (Libera università  Maria Ss. Assunta), a Roma, e presso la facoltà  di Scienze dela formazione del medesimo ateneo palermitano, l'indirizzo Giornalismo, a numero programmato (con restrizione ulteriore al terzo anno rispetto a quella già  prevista in accesso), nel corso di laurea in Scienze della comunicazione, che altro non era che l'indirizzo Comunicazioni di massa inclusivo del praticantato, il quale veniva svolto in una testata-laboratorio. Praticamente furono le antesignane delle scuole di giornalismo universitarie (all'epoca c'erano la SGRTV e gli istituti per la formazione al giornalismo di Urbino e “Carlo de Martino” di Milano, ai quali si poteva accedere col diploma. Poco dopo nacque, sempre a Roma, la scuola superiore di giornalismo della Luiss “Guido Carli”, però non so se per accedere ad essa sia sempre stata richiesta la laurea).
                          Eravamo intorno ai 60 posti per sede e dunque in totale parliamo, tra i tre diplomi universitari e i tre corsi di laurea con indirizzo dedicato, di non più 360 nuovi giornalisti professionisti ogni anno, a fronte di molti di più che venivano immessi tramite i canali tradizionali e a fronte di migliaia di laureati totali in Scienze della comunicazione.

                          a cui purtroppo non siamo arrivati legislativamente parlando (sarebbe bastato creare un percorso preferenziale per diventare giornalista da quei corsi visto che chi li studia sa che sarebbero nati per quello).
                          Non sono nati per quello e in ogni caso quello che dici sarebbe incostituzionale ex art. 21.

                          Un altro messaggio sbagliato che dai e che è quasi ai limiti della disinformazione è quello degli sbocchi, dei master e delle lauree obbligatorie in comunicazione per esercitare un determinato lavoro.
                          Assolutamente falso (ripeto: non per antipatia ma per dire le cose come stanno) e comunque non si trova più niente come impiego, mettiti il cuore in pace.
                          Non ho mai e poi mai asserito che le lauree in Scienze della comunicazione dà nno molti sbocchi lavorativi, anzi ritengo che abbiano una scarsa efficacia sul mercato del lavoro (al di là  dei dati, pur confortanti, raccolti da alcuni studi, il problema fondamentale è la qualità , in termini di responsabilità  e remunerazione, dei lavori svolti dai laureati in Scienze della comunicazione e, in generale, nella classe). Inoltre ho una cattiva opinione generale dei laureati in Scienze della comunicazione perché la maggior parte di quelli che ho conosciuto non sa neanche che cosa ha studiato.
                          Il mio discorso era completamente diverso ed è lì, sotto gli occhi di tutti, per poterlo valutare.
                          Quanto all'obbligatorietà  del titolo a determinati fini, non è affatto falso ed è anch'esso verificabile: la legge 150/2000 e il DPR 422/2001 obbligano le amministrazioni pubbliche che assumano personale da destinare ad attività  di comunicazione istituzionale, ivi compresi gli uffici per le relazioni col pubblico (che si occupano pure di accesso civico) e ad eccezione delle attività  in ufficio stampa (per le quali è invece richiesta l'iscrizione all'albo dei giornalisti) e di portavoce dell'organo di vertice politico (che è un rapporto a termine intuitu personae), ad assumere, ovviamente previe le procedure previste dalla legge (dunque il concorso), laureati in «Scienze della comunicazione, Relazioni pubbliche o materie assimilate». Si tratta comunque di concorsi abbastanza rari e inoltre l'interpretazione di quel «materie assimilate» è abbastanza larga e pertanto ci sono amministrazioni che indicano anche altre lauree (ma non, generalmente, le classiche che vengono richieste nei concorsi pubblici per lo svolgimento di attività  amministrative, cioè le solite giuridico-politico-economiche). Preciso, semmai ce ne fosse bisogno, che la laurea è richiesta solo per le posizioni funzionali del pubblico impiego per le quali in generale è richiesta la laurea, cioè quelle di categoria giuridica D o equivalente e quelle delle corrispondenti aree, qualifiche (o livelli del ruolo unico, ove ancora previsto) per le amministrazioni che non hanno ancora i rapporti di lavoro contrattualizzati. Quindi è richiesta per chi è destinato all'inquadramento come funzionario direttivo, istruttore direttivo, funzionario amministrativo et similia (indipendentemente dalla posizsion economica, che dipende dalla progressione orizzontale, che è legata all'anzianità  e agli scatti interni), mentre non è richiesta per le qualifiche rientranti nella categoria C (per la quale ci vuole il titolo finale di scuola secondaria superiore e a volte viene richiesto un diploma specifico), quindi impiegati di concetto (evito di riportare i nomi specifici delle qualifiche perché a identica nomenclatura possono corrispondere mansioni e perfino status giuridico diverso all'interno delle stesse amministrazioni; questo in particolare cà pita con i profili che iniziano con le parole "assistente", "collaboratore" e "istruttore", ovviamente non direttivo nel caso di istruttore) e nelle categorie inferiori (i B sono esecutori, cioè impiegati d'ordine, e devono avere solo la scuola dell'obbligo; gli A sono gli operai e alcune amministrazioni neanche li hanno).

                          L'accesso a posizioni negli uffici stampa e negli uffici per le relazioni con il pubblico delle pubbliche amministrazioni? Ci vanno impiegati della p.a. assunti 50 anni fa tramite mobilità  e concorsi interni, non creare illusioni e aspettative, suvvia.
                          Guarda che io ho vinto tre concorsi pubblici negli ultimi tre anni.
                          I concorsi interni neanche esistono più. Sono stati dichiarati incostituzionali (altra cosa sono le riserve di posti, che invece sono ammesse).
                          L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                          L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                          M1 aree 12-13 @LUM
                          LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                          LMG/01 (con lode) @UniTo
                          LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
                          PhD fellow in AI governance

                          ***NON RISPONDO A MESSAGGI PRIVATI SU ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE***

                          In Italia esistono solo università pubbliche (statali o non statali).
                          LA PAROLA "FACOLTÀ" NON SIGNIFICA QUELLO CHE PENSI TU.

                          LA LAUREA TRIENNALE NON ESISTE!

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                          • #14
                            Qui le cose sono due: o pubblichi norme "a cavolo" e speri che la gente ci creda o le citi con cognizione di causa ma per quello che non riesci a spiegare vai ad analogia o le interpreti per dimostrare quello che vuoi.
                            Sull'esame per i giornalisti professionisti io mi sono limitata a citare il sito dell'Ordine dei Giornalisti, vai a protestare da loro se per te non è così!

                            Guarda che io ho vinto tre concorsi pubblici negli ultimi tre anni.
                            Wow! Ora sì che la gente ti leggerà !
                            Prendo atto che critichi la categoria dei giornalisti sulla base della loro conoscenza giuridica ma non sei nuovo a questi attacchi che ti fanno poco onore e ledono anche l'intero forum.

                            http://www.università .com/4074-post9.html

                            La storia del femminicidio che tiri fuori è ridicola perchè non c'è nessuna "presunzione giuridica" negli articoli o nei servizi dei giornalisti, è solo una parola inventata in ambienti giornalistici per attirare l'attenzione nei confronti di un problema sociale (e contemporaneamente fare visualizzazioni perchè di aria non si campa) e di alcuni politici che però non hanno legiferato su niente.
                            Ma ti rendi conto di quanto vai off topic almeno? Bah.

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                            • #15
                              Originariamente inviato da Marika Visualizza il messaggio
                              Qui le cose sono due: o pubblichi norme "a cavolo" e speri che la gente ci creda
                              Le norme che cito sono verificabili, dato che le cito come va fatto: indicandone gli estremi. In questo caso ho addirittura copiato e incollato la fonte di riferimento.

                              Sull'esame per i giornalisti professionisti io mi sono limitata a citare il sito dell'Ordine dei Giornalisti
                              Non è probatorio. Non è una fonte del diritto.
                              Se quello che ho asserito (e non ricordo neanche cosa) non fosse vero, questo va dimostrato attraverso fonti del diritto confliggenti e applicabili in base ai criteri di risoluzione delle antinomie propri della scienza giuridica. Non sulla base di quanto scritto tra le FAQs di un sito, ancorché autorevole e perfino ufficiale, a titolo meramente informativo e non normativo.

                              vai a protestare da loro se per te non è così!
                              Quando mi imbatto in informazioni non corrette o obsolete, se la cosa non mi porta via chissà  quanto tempo, tendo sempre a segnalarle, se non altro con una mail.

                              Prendo atto che critichi la categoria dei giornalisti sulla base della loro conoscenza giuridica ma non sei nuovo a questi attacchi che ti fanno poco onore e ledono anche l'intero forum.
                              Non sono attacchi. Sono constatazioni.

                              La storia del femminicidio che tiri fuori è ridicola perchè non c'è nessuna "presunzione giuridica" negli articoli o nei servizi dei giornalisti, è solo una parola inventata in ambienti giornalistici per attirare l'attenzione nei confronti di un problema sociale
                              Un problema sociale inventato di sana pianta, dacché non solo i crimini in generale sono in leggera ma costante diminuzione da decenni, ma hanno subìto un netto calo proprio i reati violenti, in particolare i delitti contro la persona, e in particolare quelli nei confronti delle donne, dimezzati rispetto a mezzo secolo fa.

                              e di alcuni politici che però non hanno legiferato su niente.
                              E ci mancherebbe altro. Sarebbe incostituzionale in quanto violerebbe il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge senza discriminazioni di sesso, dunque genere, previsto dall'art. 2 della legge fondamentale.
                              Esiste comunque un movimento di pressione molto forte che è riuscito a fare introdurre delle variazioni significative alla legge penale in cui la question del genere è entrata dalla finestra. A tal fine, anziché mettermi a fare una ricerca giuridica per poi sentirmi magari dire che cito le norme a caso sperando che il lettore ci creda, ti rinvio direttamente a questo articolo di un giovane penalista (al momento in cui lo ha scritto era un praticante) siciliano molto in gamba.
                              L DM 509/1999 classe 14 (con lode) @UniFi
                              L-16 (con lode) @Unitelma Sapienza
                              M1 aree 12-13 @LUM
                              LM-77 (con lode) @Universitas Mercatorum
                              LMG/01 (con lode) @UniTo
                              LM-62 (con lode) @UniVanvitelli
                              PhD fellow in AI governance

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