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Consigli su percorso di studi

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  • Consigli su percorso di studi

    Ciao a tutti!

    Ho trovato il vostro forum facendo varie ricerche su Google e, visto che mi siete sembrati molto preparati, ho deciso di iscrivermi per chiedere qualche consiglio. Come ho già scritto nel topic di presentazione.

    Ci tengo a precisare sin da subito che ho poco meno di 30 anni e, a causa di diversi problemi di salute, ho ottenuto l'accesso alle categorie protette.

    Anni fa mi sono iscritto all’università pubblica per due volte: la prima volta per studiare economia (ho capito subito che non faceva per me) e la seconda volta scienze motorie, ma ho preferito abbandonare anche quel percorso a causa dell'arrivo di ulteriori problemi di salute.

    Ultimamente sto valutando l’iscrizione al corso di laurea “Comunicazione digitale d’impresa” presso Uninettuno. Ho notato che questa università ha ottenuto un punteggio molto positivo dall’ANVUR. Inoltre mi attira anche perché gli esami non prevedono semplici quiz a crocette. Vorrei affrontare un percorso concreto e formativo, senza limitarmi a ottenere ''solo un pezzo di carta''.

    So però che questa laurea divide tutti, visto che alcuni la apprezzano e altri la disprezzano.

    Ho pensato anche di riprendere economia, ma non sono molto ferrato in matematica e, considerando eventuali impegni lavorativi, non so se riuscirei a dedicarmici come vorrei. In ogni caso, lascio una piccola porta aperta.

    Al contrario, la comunicazione è una delle mie passioni più grandi, e ho già un piccolo progetto online (affine a questo ambito) che porto avanti da anni.

    Considerando tutto questo, cosa ne pensate? Vale la pena seguire questa strada o dovrei valutare altre opzioni? Nel caso in cui decidessi di partecipare a dei concorsi pubblici, con scienze della comunicazione troverei molte porte chiuse o viene richiesta comunque?

    Vi ringrazio anticipatamente per la vostra pazienza e per il vostro tempo.

  • #2
    Ciao,

    Originariamente inviato da Flash56 Visualizza il messaggio
    Anni fa mi sono iscritto all’università pubblica
    Statale

    Ho notato che questa università ha ottenuto un punteggio molto positivo dall’ANVUR.
    Per lo studente è irrilevante.

    Inoltre mi attira anche perché gli esami non prevedono semplici quiz a crocette.
    Puoi sostenere gli esami oralmente ovunque, Mercatorum compresa.

    Vorrei affrontare un percorso concreto e formativo, senza limitarmi a ottenere ''solo un pezzo di carta''.
    Quello dipende da te.

    So però che questa laurea divide tutti, visto che alcuni la apprezzano e altri la disprezzano.
    Storia lunga e mi pare se ne sia parlato nel forum anche recentemente.

    Ho pensato anche di riprendere economia, ma non sono molto ferrato in matematica
    C'è un equivoco di fondo: in molte università i corsi L-18 e L-33 non prevedono esami di matematica. Statistica non è matematica e non richiede conoscenze matematiche di livello chissà quanto avanzato.

    Considerando tutto questo, cosa ne pensate? Vale la pena seguire questa strada o dovrei valutare altre opzioni?
    Se sei appassionato di comunicazione e già lavori nel settore, potrebbe essere una strada percorribile, ma tieni presente che i corsi di laurea di classe L-20 sono profondamente diversi da ateneo ad ateneo e io ti consiglierei di guardare bene i piani di studio. Mi pare infatti che tu ti concentri sull'ateneo, ma è come apprezzare una specialità alimentare per il design del packaging con cui viene commercializzata, cioè è come se stessi dicendo che ti piace per il contenitore anziché per il contenuto. Qui non siamo più come prima della riforma universitaria, in cui i corsi di studio erano identici o quasi identici tra i vari atenei. Oggi le università sono autonome nella progettazione dei corsi di studio e la classe L-20 è proprio uno dei terreni più fertili in cui poter esercitare l'autonomia, anche se essa si riflette anche nelle classi che nominalmente richiamano (e non ricalcano) i corsi più tradizionali.
    Un'alternativa potrebbe essere un corso economico o aziendalistico privo di matematica, o magari Scienze politiche con indirizzo sociologico/comunicazione (presente però solo presso l'Alma mater studiorum e l'Università di Firenze). Ti sconsiglierei Sociologia: tanto vale fare Scienze della comunicazione, anzi è meglio. Visto che non mi pare che tu possa metterci quanto impegno, terrei fuori dalla rosa delle ipotesi anche i corsi giuridici o a forte componente giuridica, dunque le classi L-14 e L-16 o i corsi di classe L-36 a indirizzo giuridico-amministrativo.

    Nel caso in cui decidessi di partecipare a dei concorsi pubblici, con scienze della comunicazione troverei molte porte chiuse o viene richiesta comunque?
    Fermo restando che la stagione dei concorsoni oramai è volta al termine o quasi, con Scienze della comunicazione potresti partecipare di fatto solo ai concorsi per funzionari amministrativi per i quali va bene qualsiasi laurea (ogni tanto escono, anzi c'è stato un periodo in cui vigeva proprio il motto "una laurea vale l'altra, purché tu ne abbia una"). La legge 150/2000 e il DPR 422/2001 stabiliscono che negli uffici per le relazioni con il pubblico e per la comunicazione istituzionale il personale con qualifica di dirigente o funzionario debba avere la laurea in Scienze della comunicazione o Relazioni pubbliche o «indirizzi assimilati», ma, a parte il fatto che parliamo veramente di pochissimi posti, ogni amministrazione può interpretare come vuole il concetto di assimilazione e questo significa che sistematicamente ti ritrovi la classe L-20 abbinata ad altre classi (quasi sempre che non c'entrano niente, da Lettere a Ingegneria, perché fondamentalmente chi istruisce e chi approva i bandi non sanno cosa si studia a Scienze della comunicazione e non si prende la briga di andare a controllare). Tra l'altro il succitato decreto di attuazione stabilisce che sono ammessi anche laureati in discipline diverse che abbiano conseguito un diploma di specializzazione o anche un semplice perfezionamento post lauream o altri titoli «post-universitari» (l'allora neonato master mio avviso può essere fatto rientrare nella fattispecie, sebbene non sia tecnicamente «post universitario») in comunicazione o relazioni pubbliche, oppure di master in comunicazione conseguito presso la SSPA (attuale SNA, che però non rilascia più master, essendo oggi un titolo universitario) o il Formez o la SSPAL (che invero non ne hanno mai rilasciati) e, infine, da titoli rilasciati da scuole private aventi determinati requisiti.
    A dire il vero in tutti i bandi per funzionari della comunicazione che abbia visto dal 2015 a oggi, che sono stati 20 (venti) a voler esagerare (e qualcuno mi sarà pure sfuggito, ma pochi), ne ho visti veramente pochi — a memoria direi non più di due o tre — che applicavano correttamente la normativa (e correttamente si fa per dire dato che l'ipotesi della laurea diversa seguìta da formazione post lauream è un'ipotesi conmtemplata rarissimamente); l'irregolarità più diffusa era richiedere l'iscrizione all'albo dei giornalisti (peraltro, talvolta necessariamente all'elenco professionisti o all'elenco pubblicisti), che invece è prescritta dalla legge solo per gli uffici stampa (intendendosi con ciò strutture organizzate in forma di redazioni giornalistiche), per i quali invece si prescinde dalla laurea specifica (fermo restando che, in virtù della disciplina generale, è comunque necessario possederne una per gli inquadramenti dall'area dei funzionari in su). In un caso relativamente recente (Università di Trento) il bando prevedeva, chiaramente contra legem, una laurea qualsiasi, mentre in un numero significativo di casi il bando addirittura considerava unicamente lauree diverse da Scienze della comunicazione (praticamente c'erano solo gli indirizzi assimilati ma non quello principale). Penso che l'apoteosi si sia raggiunta con questo bando dell'Università Roma Tre (codice AM3D1AG20), il quale richiedeva «laurea o laurea specialistica o magistrale o diploma di laurea vecchio ordinamento in Discipline delle arti, musica e spettacolo o titoli equiparati o equipollenti». Tale bando, redatto da chi evidentemente ignorava anche l'esistenza della legge 150/2000 e del DPR 422/2001, che non figurano tra gli atti normativi presupposti, come richiamati nelle premesse, presentava molteplici profili di illegittimità: oltre a escludere i laureati in Scienze della comunicazione, in aperta violazione di legge, respingeva di fatto, in maniera subdola, anche i laureati cc.dd. triennali, pur formalmente ammessi, in quanto una classe denominata «Discipline delle arti, (della) musica e (dello) spettacolo» (DAMS) nel nuovo ordinamento non esiste, e, mentre i laureati specialisti o magistrali 24/S, 51/S, 73/S, 95/S, LM-43, LM-45, LM-65 e LM-89 sono ammessi in virtù dell'equiparazione (N.B.: per DAMS non è prevista nessuna equipollenza), i laureati di nuovo ordinamento di classe L-3 (Scienze e tecnologie delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda), classe alla quale afferiscono i pochi corsi di laurea che ancora mantengono la denominazione DAMS, non beneficiano di alcuna equiparazione con l'ordinamento previgente. Ovviamente un ricorso si sarebbe vinto a mani basse, ma vale la pena di proporre un ricorso per un concorso ancora da svolgere?
    In qualche caso minoritario veniva invece richiesta, anche in questo caso contra legem, la laurea magistrale. Qui veramente ho visto cose assurde: enti per i quali tra le magistrali di àmbito comunicazione (LM-19 Informazione e sistemi editoriali; LM-59 Scienze della comunicazione pubblica e d'impresa e pubblicità; LM-92 Teorie della comunicazione; LM-93 Teorie e metodologie dell'e-learning e della media education); andava bene solo la LM-59 quando poi magari lo stesso bando si faceva andar bene la LMG/01, la LM-56, la LM-62, la LM-63 e la LM-77 (ogni riferimento al Comune di Casoria non è casuale, ma ho il bando sul mio computer e non riesco a reperirlo sul sito ufficiale dell'Ente), producendo il paradosso che i laureati L-20 (malgrado per ciò solo siano abilitati direttamente dalla legge) che dopo la laurea avessero conseguito la magistrale LM-92 (Teorie della comunicazione) o la LM-19 (Informazione e sistemi editoriali) . Altri enti in cui andava bene la LM-92 (Teorie della comunicazione) ma non la LM-59 (Scienze della comunicazione pubblica e d'impresa e pubblicità), un altro paradosso considerati gli obiettivi formativi dichiarati della seconda e quelli della prima.
    Inutile dire che l'eterogeneità dei titoli richiesti dalle varie amministrazioni limita di molto anche i processi di mobilità.
    BA Media & journalism BS Administration MPA Management & e-governance MBA General management LLM Law MA Political science MA Business and public communication PhD candidate

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    • #3
      Ciao! Prima di tutto mi sembra doveroso ringraziarti. Sei stato molto preciso e mi hai fornito tantissime indicazioni e consigli utili.

      Al momento non lavoro nel campo della comunicazione, ma porto avanti da anni un piccolo progetto personale che, almeno in parte, è collegato a questo ambito. Non genera guadagni, però spero che in futuro possa diventare una sorta di vetrina o comunque un’esperienza da valorizzare in qualche modo.

      Purtroppo so bene quanto sia difficile trovare lavoro in questo settore, soprattutto nella mia regione, l’Abruzzo, dove non ci sono molte aziende che investono davvero nella comunicazione. Questa cosa mi ha sempre frenato, anche se resta una grande passione. È probabilmente l’unico percorso in cui mi immagino motivato e sereno nello studio. Ma se devo passare anni e anni a studiare per poi ritrovarmi con pochissime porte aperte, preferisco evitarla.

      Hai ragione, probabilmente mi sono concentrato troppo sull’ateneo. Leggendo ciò che mi hai scritto mi sono reso conto di aver commesso questo errore. Proprio per questo, vorrei chiederti un altro consiglio: secondo te, qual è attualmente la migliore università telematica per Scienze della comunicazione? Mi interessano soprattutto i settori legati alla pubblicità, al branding e al mondo dei social.

      In passato avevo considerato anche Unipegaso e le altre del gruppo Multiversity, ma la questione delle rette non mi aveva convinto. Tra formula base e All Inclusive mi è sembrato tutto poco chiaro, e online ho trovato molte persone confuse su cosa si paga realmente e se ci sono costi nascosti. Detto ciò, sinceramente mi sembrano poco professionali.

      Negli ultimi giorni ho dato uno sguardo anche a Unimarconi, che come altri atenei telematici offre uno sconto a chi, come me, ha una disabilità superiore al 45 per cento. Questo per me è fondamentale, perché non posso permettermi una retta oltre i 2300 euro l’anno.

      Comunque, come ho già scritto, allo stesso tempo, la paura di restare comunque senza lavoro mi porta a lasciare una piccola porta aperta anche verso qualche facoltà economica. Anni fa mi sono diplomato come ragioniere e già allora avevo capito che materie come economia e diritto non mi entusiasmavano. Però penso che con le lezioni online potrei affrontarle con meno fatica rispetto al passato. Inoltre, guardando gli annunci di lavoro, con l'iscrizione alle categorie protette, forse avrei meno difficoltà a trovare un impiego in questo campo.

      Per questo mi sta incuriosendo anche la laurea in Scienze dell’Economia Aziendale di Unitelma, che mi sembra leggermente più semplice rispetto ad Economia Aziendale.

      Il corso in Scienze Politiche con indirizzo in comunicazione, che mi avevi consigliato, sarebbe stata una buona alternativa, ma al momento non posso permettermi di spostarmi.

      Tra indecisioni, paura di sbagliare e problemi di salute sono rimasto fermo per molti anni. Ma ora sento di dover scegliere una strada e provarci davvero.

      Detto ciò, ti ringrazio ancora una volta per il tuo tempo e i tuoi consigli. Spero davvero di non disturbarti troppo con le tante domande.

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      • #4
        In realtà non è in Abruzzo che le imprese non investono in comunicazione: sono veramente poche le imprese che hanno una risorsa interna che se ne occupi, perché è difficile che se la possano permettere. Ricordiamoci che in Italia il 97% delle imprese secondo classificazione europea rientra nella categoria "micro". Lo 0.3% delle imprese rientra nella fascia "grandi" e tutte le altre sono piccole e medie. Traduco: quando si fa tutta quella retorica sulle piccole e medie imprese, solitamente si sta parlando di imprese con meno di 10 dipendenti compresi i soci o, se ditte individuali, il titolare e i suoi familiari coadiutori. Insomma, si tratta di imprenditoria di sussistenza. Se pensiamo che le grandi imprese sono comunque perlopiù imprese familiari (vedansi gruppo Fininvest e sottogruppi Mediaset e Mondadori, Barilla, Ferrero), a controllo pubblico (e.g. Poste italiane, Leonardo, Eni, Anas) o a controllo estero (e.g. FiberCop, Vodafone-Fastweb, Wind Tre), il quadro è completo.
        Scienze dell'economia aziendale è semplicemente la denominazione che quello specifico ateneo ha dato a un corso di laurea di classe L-18. Il piano di studi è una variabile indipendente rispetto alla denominazione del corso: Economia aziendale è semplicemente una denominazione più diffusa, ma non implica che tutti i corsi di laurea così denominati siano contenutisticamente uguali. Alcune università, specie se fortemente specializzate in àmbito economico come la Parthenope di Napoli, offrono più corsi di classe L-18 ciascuno con un focus specifico, ma la denominazione del corso, che non incide neanche sul suo valore legale (determinato dalla classe), lascia il tempo che trova.

        Comunque, i corsi di classe L-20 offrono veramente poco, a meno che non si tratti di corsi di taglio molto pratico-operativo o con una forte componente pratico-operativa presso atenei con servizi placement di un certo livello: con queste caratteristiche troviamo solo i tre corsi L-20 della Iulm, a Milano (e non ti dico nemmeno quanto costa), e tu hai detto di non poterti trasferire. Se sei in Abruzzo potresti valutare l'idea di andare a sostenere gli esami a Napoli, ma non mi sento nemmeno di consigliarti il corso L-20 della Unisob perché, sebbene abbia un dichiarato orientamento applicativo, è comunque fondamentalmente un corso teorico, palesemente concepito per la prosecuzione degli studi nel secondo ciclo. Esso si articola in tre curricula teoricamente non teorici (gioco di parole voluto) ma strutturati in funzione delle aspirazioni professionali: uno intende formare giornalisti, uno professionisti del marketing, uno giornalisti e produttori di contenuti crossmediali e uno autori televisivi e produttori e gestori cinematografici e documentaristi, con primo anno comune e diversificazione al secondo, ma fondamentalmente tutti e tre sono molto focalizzati sull'analisi e, anche se la cosa non viene dichiarata, spingono sulla prosecuzione degli studi nei corsi di laurea magistrale e di master cui evidentemente fanno da preludio. Basti guardare l'offerta formativa del secondo ciclo per rendersene conto. Se parlassimo di secondo ciclo, considerati i dati occupazionali di assoluta eccellenza, i più alti d'Italia per il settore della comunicazione (l'ateneo ha dati complessivi paragonabili a quelli di Bocconi e Iulm e di gran lunga superiori alla media italiana), e che ho potuto constatarne personalmente la validità, ti consiglierei senza indugio la LM-59 di tale ateneo.

        Devi tenere presente altresì un altro elemento. Studiare comunicazione può significare tutto e niente. La maggior parte dei corsi non è interdisciplinare o multidisciplinare ma proprio pluridisciplinare, nel senso che ti ritrovi a sostenere 18-22 esami letteralmente in 18-22 discipline diverse: non ne trovi due dello stesso settore scientifico-disciplinare e a volte neanche di settori affini o attigui. E ciascun insegnamento è totalmente scoordinato e scollegato da tutti gli altri. Questo significa che non avrai una preparazione scientifica adeguata in nessuna materia, cioè all'esito del corso non potrai dire di essere un esperto né di sociologia né di psicologia né di semiotica né di economia né di diritto e via dicendo.
        Alcuni corsi (o curricula di corsi suddivisi in curricula) invece, pur mantenendo un taglio generalmente pluridisciplinare (che — ripeto — non significa né multidisciplinare né interdisciplinare, perché questi due concetti presuppongono che le discipline o siano integrate tra loro o siano in dialogo tra loro):
        • o si focalizzano sullo studio di una comunicazione dal punto di vista di una disciplina specifica (ad esempio la sociologia, la psicologia cognitiva, la psicologia sociale, più raramente il diritto, talvolta anche l'economia e/o le scienze aziendali);
        • o sono indirizzati ad àmbiti professionali specifici.
        Non è raro però trovare autentiche buffonate che sono solo un elenco di materie che paiono buttate lì a caso, da Letteratura italiana a Storia dell'arte, da Storia della lingua italiana a Letteratura italiana, da Sociolinguistica a Storia del teatro, da Geografia culturale ad Estetica, senza che vi sia alcun filo conduttore. Una volta io parlavo di minestrone, ma il minestrone costituisce un insieme armonioso, sicché riflettendoci il termine non mi pare corretto: e il neologismo "mappazzone", che col senno di poi mi pare più adatto, all'epoca neanche era stato coniato.
        Bisogna anche prestare molta attenzione alla coerenza tra gli obiettivi dichiarati e il progetto culturale che emerge dal piano di studi. Ad esempio, se io intendo formare un giornalista, ha senso che gli insegni i fondamenti di scienza politica, la geografia politica ed economica, le relazioni internazionali e i sistemi politici comparati e gli fornisca le nozioni fondamentali di diritto pubblico italiano ed europeo, nonché le istituzioni dell'economia, e poi approfondisca il diritto dell'informazione, dopodiché gli offrirò una gamma di esami a scelta che possono spaziare da Diritto e procedura penale per chi intende occuparsi di cronaca a Storia e critica del cinema per chi vuole occuparsi di spettacoli. Se intendo formare un esperto di marketing, Economia politica, Organizzazione aziendale, Diritto dei consumi e della concorrenza, Teorie e tecniche della comunicazione pubblicitaria, Comunicazione di marketing, Semiotica, un insegnamento che consenta di approcciarsi al marketing analitico (ad esempio Statistica aziendale oppure Teorie e pratiche delle ricerche di mercato), esami a scelta come Analisi di bilancio, Business planning, Economia aziendale, Lobbying and corporate affairs, Sociologia dei consumi, Sociologia dell'opinione pubblica, Teorie e tecniche della comunicazione pubblica, Psicologia dei consumi. In entrambi i casi non potranno mancare le nozioni fondamentali della teoria della comunicazione (che è fondamentalmente sociologia). Se però (e qui torniamo al discorso che le denominazioni dei corsi lasciano il tempo che trovano poiché più di qualche volta non ne riflettono i contenuti) si pretende di formare un giornalista enogastronomico e gli esami che gli si propongono (per non dire propinano) sono Storia delle religioni, Filosofia del linguaggio, Antropologia dei simboli e Formalismo russo, allora è autoevidente che qualcosa non va (e non mi si risponda che ognuno di questi insegnamenti ha una qualche relazione con l'enogastronomia, perché se cerchiamo bene possiamo trovare relazioni dappertutto, ma perdiamo di vista l'essenziale). Ovviamente bisogna anche avere un certo bagaglio culturale di fondo perché altrimenti si finisce col chiedersi cosa c'entri il diritto costituzionale o parlamentare col giornalismo (col giornalismo ex se probabilmente non c'entra, in effetti, ma magari c'entra qualcosa col fare il giornalista) e questo dubbio, oltre a costituire un indicatore certo di sesquipedale ignoranza, spiega molto del livello pietoso della nostra informazione.
        Il punto è che, indipendentemente dagli obiettivi dichiarati, si ripercuotono sulla pianificazione dei corsi la consistenza numerica e i rapporti di potere informale all'interno delle strutture di raccordo (ad esempio se nel dipartimento vi sono 8 docenti M-FIL/04 e M-FIL/05 e un sollo sociologo, è facile che il corso sia infarcito di insegnamenti di semiotica). Inoltre incide anche la collocazione storica dei corsi, che prima della legge 240/2010 si trovavano perlopiù nelle facoltà di Lettere e filosofia, Sociologia, Scienze della formazione, Scienze politiche (ma in qualche caso Economia).

        Mai come in questo segmento la credibilità della sede in cui si consegue il titolo gioca un ruolo fondamentale, quindi ti consiglierei di pensarci bene, poiché sulla carta il corso di una certa università potrà essere il più valido del mondo, ma, a proposito di marketing, il riconoscimento sul mercato del lavoro avviene sulla base della percezione di valore, che dipende da un pregiudizio sedimentato nel tempo e difficilmente scalfibile una volta che si è cristallizzato. Funziona così con il cibo, in cui il peso del brand è talmente rilevante che ci sono prodotti che in vent'anni hanno cambiato dieci volte ricetta senza che i consumatori abituali se ne accorgessero: figuriamoci se non funziona con beni immateriali quali la conoscenza (non per niente esiste un vero e proprio mercato dei brands, che costituiscono gli assets più pregiati delle società storiche, infatti in caso di crisi con assoggettamento a procedure concorsuali sono la prima cosa che si vende per recuperare un po' di liquidità).
        BA Media & journalism BS Administration MPA Management & e-governance MBA General management LLM Law MA Political science MA Business and public communication PhD candidate

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        • #5
          Purtroppo condivido quello che scrive dottore. Io lavoro da anni in multinazionali, e nonostante EBITDA positivi, ho sempre visto tagli ai centri di costo relativi a marketing e comunicazione in generale. Purtroppo il problema e' il valore percepito e la tangibilita' del ritorno economico di una campagna di marketing non e' sempre facile da dimostrare. Il ruolo dei manager e' quello di contenere i costi e portare valore aggiunto all'organizzazione per il dipartimento di propria competenza. Tutto ciò va anche dimostrato e, spesso lo scetticismo va anche oltre l'evidenza.
          Per questo si esternalizza: mi affido all'agenzia, il costo fisso diventa variabile, monitoro le performance e liquido in qualsiasi momento. La tendenza e' quella.

          Altra considerazione: i dipartimenti di marketing e comunicazione sono quelli in cui ho trovato più difformità di background. Tanti laureati in comunicazione, economia, sociologia, beni culturali, mediazione linguistica, molti con diplomi IED, scuole di moda e grafici.
          Personalmente non mi aggiungerei al calderone, ma e' anche giusto valutare le proprie passioni e aspirazioni.

          Ti consiglio Economia. Apre più porte, e' piu' spendibile e fornisce una preparazione migliore per tutti i motivi scritti da dottore.

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